Letra de Tu non ti pungi più
Lucio Battisti
La lotta dei cuscini
senza sonno che spiumano,
che fanno zampilli di pollini che pullulano
aggressivi, irsuti, istigatori di starnuti.
Così tu te la spassi amoreggiando,
e te la prendi comoda,
con morbida ovvietà,
sembrando tu un guanciale
contro un altro che t'assale,
il tutto in una schiuma,
che coi talloni monti come l'uva.
E come un muschio domestico stampato e
quanto inutilmente rimboccato.
Questo composto di onesta futilità
mista a passione come un cialdone si sfa;
sulle rovine, vorresti forse anche tu
in bricioline come una reggia andar giù.
Tu non ti pungi più,
e la vaghezza non osa,
vai molto oltre, tanto poi ti raggiungi.
Impenni una montagna solidale
e nel suo fianco falle, falle rudimentali,
aperte come portali
per i tuoi puntuali
appuntamenti molto occasionali.
E la pianura s'ingrossa:
fra la cresta e la fossa,
tu non ti pungi più,
l'erba enorme cavalca
bianca e verde cobalto,
prendendo al volo forme di caduta e di salto,
infine dorme
come un binocolo nella custodia
la tua vista.
Se un santino
ti visita e t'indora,
ma rimandando a poi,
perché dilegua,
tu, perché ti accora,
canonica lo fai
languire prima
e mormori un oramai
come una preghierina.
Oramai, ora cosa, ora che:
perso per perso ohimè.
Candida o perversa
che non ti pungi più,
raccolta o dissipata,
esausta o fresca fresca,
quasi niente per niente
pungente pungente,
ma rizzi e doni quel barbaglio alla Luna.
Questo è quanto.
Con una belva accanto,
è questo il modo in cui
fai la morosa:
assumi pose inesplose,
e non ti pungi più,
non fai più la raccolta
d'incanti ardenti ed arsi.
Una vela è un sottile perché,
un avvilito ohimè,
e non si dorme bene
ché lune piene
tutte beate, mutevoli e brune,
tutte toccanti
senza sonno che spiumano,
che fanno zampilli di pollini che pullulano
aggressivi, irsuti, istigatori di starnuti.
Così tu te la spassi amoreggiando,
e te la prendi comoda,
con morbida ovvietà,
sembrando tu un guanciale
contro un altro che t'assale,
il tutto in una schiuma,
che coi talloni monti come l'uva.
quanto inutilmente rimboccato.
Questo composto di onesta futilità
mista a passione come un cialdone si sfa;
sulle rovine, vorresti forse anche tu
in bricioline come una reggia andar giù.
Tu non ti pungi più,
e la vaghezza non osa,
vai molto oltre, tanto poi ti raggiungi.
Impenni una montagna solidale
e nel suo fianco falle, falle rudimentali,
aperte come portali
per i tuoi puntuali
appuntamenti molto occasionali.
E la pianura s'ingrossa:
fra la cresta e la fossa,
tu non ti pungi più,
l'erba enorme cavalca
bianca e verde cobalto,
prendendo al volo forme di caduta e di salto,
infine dorme
come un binocolo nella custodia
la tua vista.
Se un santino
ti visita e t'indora,
ma rimandando a poi,
perché dilegua,
tu, perché ti accora,
canonica lo fai
languire prima
come una preghierina.
Oramai, ora cosa, ora che:
perso per perso ohimè.
Candida o perversa
che non ti pungi più,
raccolta o dissipata,
esausta o fresca fresca,
quasi niente per niente
pungente pungente,
ma rizzi e doni quel barbaglio alla Luna.
Questo è quanto.
Con una belva accanto,
è questo il modo in cui
fai la morosa:
assumi pose inesplose,
e non ti pungi più,
non fai più la raccolta
d'incanti ardenti ed arsi.
Una vela è un sottile perché,
e non si dorme bene
ché lune piene
tutte beate, mutevoli e brune,
tutte toccanti
Letra de Tu Non Ti Pungi Più de Lucio Battisti
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